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Chiude il ristorante Noma di Copenaghen: «Costi insostenibili. Diventeremo il Noma 3.0, un laboratorio permanente»

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«Per continuare a essere il “Noma” dobbiamo cambiare. Il “Noma” come lo conoscete chiude, cominciamo un nuovo capitolo: il “Noma 3.0”». L’annuncio di René Redzepi arriva dai social: il suo ristorante di Copenaghen, numero uno al mondo nel 2021 e premiato nello stesso anno con le tre stelle Michelin, non ci sarà più. Diventerà qualcosa di completamente diverso, come lo stesso Redzepi aveva anticipato nella lunga intervista a Cook del dicembre 2021: all’epoca le idee non erano ancora così chiare, ma lo chef che ha rivoluzionato la gastronomia mondiale sapeva già di voler cambiare tutto, trasformando il ristorante in una «fabbrica di natura», un luogo di sperimentazione permanente. Anche a causa dell’insostenibilità di una cucina del genere: già un anno fa la perdita di fatturato a causa del Covid ammontava a un milione di euro, certificata nero su bianco dal bilancio del 2021, che per la prima volta nella storia del locale aperto nel 2003 segnava una perdita netta di 230 mila euro.

I conti che non tornano

Come riporta anche il New York Times, Redzepi ha dichiarato di recente che mantenere 100 dipendenti con gli standard richiesti dal livello della sua cucina e dei prezzi al cliente finale affrontabili non è possibile: i conti, semplicemente, non tornano. E non torna nemmeno la sostenibilità «umana» di un lavoro del genere: nonostante lo sforzo di creare un ambiente positivo, fare lo chef in un ristorante come il «Noma» significa sottoporsi a una grande pressione e a turni estenuanti. Ecco dunque la decisione: l’ultima stagione del ristorante così come è ora sarà l’inverno del 2024. Nel 2025 il «Noma» diventerà «un laboratorio gigante, una test kitchen dedicata all’innovazione alimentare e allo sviluppo di nuovi sapori», si legge nella lettera pubblicata online e firmata da Redzepi e da tutto il team del Noma. «In questa nuova fase continueremo a viaggiare e a cercare nuovi modi per condividere il nostro lavoro. Ci saranno dei posti nel mondo in cui dovremo andare per imparare? Apriremo lì un pop-up del Noma (come quello che aprirà tra poco a Kyoto). E quando saranno state raccolte abbastanza informazioni, faremo una stagione a Copenaghen. Servire gli ospiti sarà ancora una parte di quello che saremo, ma non saremo più solo un ristorante. La maggior parte del nostro tempo verrà speso sviluppando idee e prodotti ed esplorando nuovi progetti. Il nostro obiettivo è creare un’organizzazione durevole che faccia un lavoro dirompente sul mondo del cibo, e che ridefinisca anche che cosa significa fare parte di una brigata: un luogo in cui si impara, si corrono rischi, si cresce. Abbiamo passato gli ultimi due anni a pianificare. E ora siamo pronti».

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