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L’esperimento cinese
Un nuovo studio, condotto all’Università di Guangzhou (Cina) su 139 persone obese seguite per un anno — e pubblicato sul New England Journal of Medicine —, mette però in dubbio che il digiuno intermittente (e in particolare la dieta a restrizione oraria 8-16) offra dei particolari vantaggi per quanto riguarda la perdita di peso. Nell’esperimento le donne mangiavano 1.200-1.500 calorie al giorno e gli uomini 1.500-1.800. I partecipanti erano tenuti a fotografare ogni piatto consumato e a tenere un diario alimentare. Inoltre venivano costantemente monitorati da un food coach. Una metà dei volontari ha seguito la dieta a restrizione oraria, l’altra metà poteva mangiare liberamente, ma senza superare il totale di calorie ammesse.
Perdita di peso
Dopo un anno entrambi i gruppi avevano perso peso: una media di 8 chili quello con restrizione oraria, una media di 6,3 l’altro. Una differenza non statisticamente significativa. Anche il miglioramento di altri parametri, come circonferenza addominale, grasso corporeo e massa magra, è risultato simile (nei valori medi) nei due tipi di dieta. Stesso discorso per livelli di glucosio nel sangue, insulino-resistenza, colesterolo e pressione sanguigna. Insomma, il regime 16:8 (16 ore di digiuno, 8 ore di alimentazione) non sarebbe più utile di una semplice riduzione dell’apporto calorico giornaliero. à davvero così?
Risultati leggermente migliori
«Lo studio è ampio e ben condotto — spiega Stefano Erzegovesi, primario del Centro Disturbi del comportamento alimentare all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano —. Mostra che ampliare a 16 ore il digiuno non fa la differenza né sulla perdita di peso né sui parametri metabolici, a patto che mangiando h24 si rispetti comunque una importante limitazione calorica. Guardando però le tabelle dello studio si può osservare che nel gruppo con restrizione oraria sono stati raggiunti obiettivi leggermente migliori (dimagrimento di 8 kg medi anziché 6,3, grasso viscerale calato di 26 cm quadrati anziché 21): questo porta a ipotizzare che, in un lavoro con un numero più ampio di partecipanti, le differenze potrebbero risultare statisticamente significative, a favore della dieta 16:8».
Saltare la cena è utile?
«Alla base c’è l’idea che il metabolismo degli zuccheri e dell’insulina segue i nostri ritmi circadiani, quindi mangiare nella fascia 8-16 (quando il sole è più alto all’orizzonte) è la cosa migliore — chiarisce Erzegovesi —. Se si consuma troppo nelle ore pomeridiane e, soprattutto serali, ci si “scontra” con una maggiore insulino-resistenza (questo riguarda tutte le persone, non solo i diabetici) e inoltre il pasto serale a ridosso del sonno rende meno efficienti i meccanismi di pulizia cerebrale che si attivano di notte».
Perché la dieta con 16 ore di digiuno quotidiano ha successo?
«Perché è facilmente praticabile — afferma Erzegovesi — e inoltre non presenta controindicazioni, tranne che nel caso di soggetti in accrescimento (bambini, adolescenti, donne in gravidanza e allattamento) e, soprattutto, nel caso di disturbi alimentari, dove è ovviamente impraticabile. Pensiamo a una persona che soffre di bulimia: una volta terminato il digiuno, si lancerebbe in abbuffate ancora più sregolate. Tra i miei pazienti, una metà riesce a rispettare le 16 ore di digiuno senza problemi (dalle 16 alle 8), l’altra metà invece chiede di spezzare con una cena leggera. Si tratta di differenze soggettive, che vanno sempre ascoltate e rispettate. In ogni caso, prima di iniziare un regime di digiuno intermittente, è necessario chiedere sempre il parere del proprio medico».
Quali sono i benefici della dieta «16:8»?
«A parte la perdita di peso e il miglioramento dell’insulino-resistenza, durante il digiuno c’è un aumento della consapevolezza delle proprie sensazioni interne, con una miglior capacità di percepire il senso di vera fame e sazietà . Per valutare l’efficacia del tipo di alimentazione si misurano, insieme al medico, parametri legati al livello energetico: per esempio se ci si sente meno stanchi, meno affamati e, soprattutto, se migliora l’efficienza mentale (attenzione e concentrazione)».
Come vengono organizzati i pasti?
«Sono tre: colazione, pranzo e spuntino. A colazione consiglio latte fermentato (yogurt o kefir) bianco e senza zucchero, un cereale integrale a scelta (per esempio pane vero integrale), marmellata, frutta secca (15 grammi), frutta fresca (una porzione, che equivale a 150 grammi), un liquido caldo (come tè o caffè). In alternativa a pane/fette biscottate e marmellata, si può optare per una fetta di torta semplice o dei biscotti secchi. Il pranzo deve essere completo: un primo piatto preferibilmente integrale, un secondo (un giorno a base di proteine vegetali, un giorno a base di proteine animali, alternati), doppia porzione di verdura (una porzione corrisponde a 80 g se insalata in foglia, 250 g per tutte le altre verdure), una porzione di frutta. Chi ha problemi di gonfiore addominale con la frutta a fine pasto può mangiarla a metà mattina o metà pomeriggio».
E nel pomeriggio?
«Lo spuntino dovrebbe includere un cereale integrale (80 grammi: può essere pane, ma anche pasta o riso), una porzione di verdura e una di frutta fresca, più una di frutta secca (15 grammi). Nel resto della giornata è possibile consumare bevande non zuccherate né dolcificate».
Ci sono forme di digiuno più blande del tipo 16:8?
«Chi vuole iniziare un digiuno intermittente può seguire, per almeno due mesi, il tipo 12:12 (12 ore di alimentazione e 12 di digiuno, per esempio finendo di cenare alle 20 e facendo colazione alle 8), per poi eventualmente passare al 16:8, quando l’organismo è “allenato” e sempre previo parere del medico curante».
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