Nobili menu
«Pran pron», il pranzo è pronto, annuncia il maggiordomo di casa Salina nel Gattopardo. Con un accento senza un pizzico di sicilianità. Più risotto che timballo. Non una nota stridente nel valzer di personaggi orchestrato da Luchino Visconti, ma un omaggio del regista, discendente dei signori di Milano, al maggiordomo della casa di via Cerva che cantilenando chiamava a tavola la sua nobile famiglia. Sullo sfondo, profumo di soufflè e tintinnio di stoviglie. Una delle molte storie che si mescolano alle ricette di Gli Aristopiatti, libretto di Lydia Capasso e Giovanna Esposito dedicato alla cucina aristocratica italiana (Guido Tommasi Editore). Un viaggio in punta di lancia e di forchetta tra araldici menu e blasonati banchetti.
Caludia Cadrinale e Alain Delon in una scena del film Il Gattopardo.
Nel film di Visconti, ecco il timballo (foto) di monsù Gaston, che sfida la «barbarica usanza forestiera di servire una brodaglia come primo piatto». E poi pasticci di fegato e le aragoste, babà «immani» e «Monte Bianco nevosi di panna». La trasposizione cinematografica dell’opulenza dei banchetti ottocenteschi descritta da Tomasi di Lampedusa nel suo romanzo.