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Il nesso cibo-acqua condizionerà la nostra alimentazione- Corriere.it

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I nostri agricoltori lo sanno bene: per produrre occorre acqua. Molta acqua. Per darvi un’idea: il grano necessario per 1 kg di pane richiede 1.000 litri di acqua. Se non arrivano dalla pioggia, bisogna ricorrere all’irrigazione. Per produrre un hamburger, moltiplicate per dieci la necessità di acqua. Il nesso tra cibo ed acqua nasce a livello fogliare. La perdita di vapore acqueo dalle piante – si chiama traspirazione – avviene simultaneamente alla cattura di anidride carbonica dall’atmosfera, allo scopo di consentire la fotosintesi e la produzione di carboidrati necessari alla crescita delle piante stesse. Se da un lato l’acqua è necessaria alla vegetazione, è altrettanto vero che questa svolge un ruolo fondamentale per il ciclo idrologico. E, quindi, per il clima.

Il riscaldamento globale causerà un aumento delle precipitazioni del 2-3 per cento, distribuito però in modo diseguale. Questo porterà a un cambio nella produzione: prepariamo gli agro-ecosistemi e adattiamo il nostro consumo

Per renderci conto di questo fatto fondamentale basta ricordare che il 60 per cento di tutta l’acqua che cade sulle terre emerse passa attraverso le piante, sulla via del ritorno all’atmosfera. Una quantità esorbitante, pari a 65.1015 chili all’anno. L’equivalente di 3.650 laghi di Garda ogni giorno. Pensando ai cambiamenti climatici, diventa dunque spontaneo chiedersi: quali sono le proiezioni future per il ciclo dell’acqua e le conseguenze per la nostra alimentazione?

Più umidi e più aridi

Sappiamo, con sicurezza, che i climi futuri saranno più caldi e più umidi, a causa dei gas serra che intrappolano più radiazione nell’atmosfera

(si tratta di una previsione semplice e robusta, basata sui principi termodinamici di base). I modelli climatici non solo confermano questo, ma mostrano inoltre che ci sarà un aumento medio delle precipitazioni a livello globale. La stima al riguardo è 2-3 per cento dell’aumento delle precipitazioni per ogni grado Celsius di riscaldamento. Sfortunatamente, però, questo aumento sarà molto diseguale, nello spazio e nel tempo. Alcuni luoghi già umidi diventeranno ancora più umidi; i luoghi aridi diventeranno ancora più aridi. Quasi ovunque si prevede una maggiore intermittenza delle piogge, con periodi di siccità più lunghi e temporali più intensi.

Impatti differenti

Basta leggere un giornale o ascoltare un telegiornale per rendersi conto che alluvioni e siccità tendono a succedersi con una cadenza quasi costante. Esempi recenti di questi eventi sono le alluvioni in Pakistan in agosto, o la mancanza d’acqua che ha afflitto l’emisfero nord quest’estate. Troppa o troppo poca acqua sono due facce della stessa medaglia e toccano molti aspetti nella nostra vita. Non solo ne subiamo l’effetto diretto, se viviamo in zone colpite da questi estremi; ma ne sentiamo anche l’effetto indiretto, per via dell’impatto sulla produzione agricola e sulla catena di fornitura (aumento dei prezzi dei beni di consumo e limitate quantità a disposizione). Questi rischi naturali non conoscono frontiere e riguardano vaste aree, come sappiamo. Ma il loro impatto non è lo stesso dovunque. I Paesi in via di sviluppo registrano tassi di mortalità e conseguenze economiche più pesanti, rispetto a Paesi con un prodotto interno lordo più alto. Pertanto, non ci troviamo davanti solo a problemi di natura scientifica, ma a fenomeni che hanno ripercussioni in ambito di giustizia ambientale.

La situazione italiana

Alluvioni e siccità sono avvenute anche nel passato, certo. Ma oggi, a causa dei cambiamenti climatici, sono diventate più probabili. Lo provano recenti studi scientifici, e modelli in grado di riprodurre sempre più fedelmente il clima. Pertanto non c’è bisogno di aspettare la fine del secolo per sentire gli effetti di questi eventi estremi: è già possibile contestualizzarli in relazione alle emissioni dei gas serra. Inoltre, sebbene ci siano molte incertezze sui climi futuri, l’intensificazione delle piogge è abbastanza certa: ci possiamo aspettare che diventi sempre più evidente nei prossimi decenni. Questo scenario è stato descritto così: “Rich gets richer and poor gets poorer” – i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri. È come se, dal punto di vista idrologico, perdessimo la classe media.

L’acqua si importa

E l’Italia? Le proiezioni future prevedono fino ad un 20 per cento in meno di precipitazioni nell’area del Mediterraneo

. Sarà dunque più difficile coltivare, per via di questi cambiamenti. Ciò richiede fin d’ora molta attenzione da parte di tutti. La siccità impatterà sempre più persone e colpirà aree geografiche sempre più ampie, aumentando la necessità d’intensificare la produzione agricola in un contesto in cui la pressione sull’agricoltura è già molto forte. Il cibo che consumiamo non impatta solo le risorse idriche nazionali, ma anche quelle di Paesi lontani e aridi. Ad esempio, l’Italia importa virtualmente dall’Etiopia 95 milioni di metri cubi di acqua – che quel Paese africano ha usato in fase di produzione agricola – sotto forma di chicchi di caffè da tostare. Lo stesso la pasta. L’Italia importa grano in particolare da Russia, Australia, Stati Uniti e Canada, un Paese da cui importa più di un miliardo di metri cubi di acqua virtuale all’anno.

Sistema complesso

L’acqua e il cibo – ripetiamolo – formano un sistema assai complesso, non solo per via della necessità di acqua ma anche per il forte impatto che la produzione alimentare ha sull’ambiente e sul clima

. Da un lato molte pratiche agricole contribuiscono ad aumentare le emissioni di gas serra, e di conseguenza si ripercuotono sul ciclo idrologico. Dall’altro, la coltivazione intensiva tende ad aggravare la crisi cibo-acqua, rendendo il suolo più incline al degrado, alla salinizzazione, all’erosione ed alle inondazioni, specie in previsione di un regime idrologico più intenso. Mentre continuiamo a migliorare la nostra comprensione e previsione di questo sistema complesso, è imperativo che si faccia di tutto per mitigare il problema (riducendo le emissioni) e per prepararci ai nuovi regimi idrologici (rendendo gli agroecosistemi e il sistema alimentare più resilienti).

Ottimizzazione

Dobbiamo rivedere la nostra organizzazione agricola e ottimizzare gli agro-ecosistemi, facendo attenzione a coltivare il raccolto giusto nel suolo giusto col clima giusto. E ad ampliare il ruolo delle colture resistenti alla siccità. Dobbiamo sviluppare maggiormente un’agricoltura di precisione, rendendo più efficienti irrigazione e fertilizzazione, adottando metodi meno impattanti per il controllo delle erbe infestanti e dei parassiti. Il miglioramento dei sistemi produttivi non potrà prescindere dal lavoro sulle filiere alimentari, per minimizzare l’impatto sulle risorse idriche e ridurre gli sprechi. Tutto ciò, dal campo alla tavola. Ecco perchè il consumatore sarà fondamentale. Dovrà conoscere il nesso cibo-acqua per fare scelte alimentari consapevoli, salutari e sostenibili.

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