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Un problema secolare
Chiunque abbia dovuto affrontare il problema dell’acne si è sentito bersagliare di frasi come
- Guarda che il cioccolato peggiora la situazione!
- I salumi ti fanno male per la pelle!
- Ti consiglio di rinunciare ai formaggi se vuoi che l’acne migliori!
e così via. Ma di fronte alla domanda “può l’alimentazione influire in qualche modo sullo sviluppo dell’acne?” molto spesso le risposte – anche da parte degli esperti – sono le più varie e disparate.
Al di là della reticenza nel togliere uno o più cibi di cui non si vorrebbe proprio fare a meno, che cosa c’è di vero in queste affermazioni?
Ora, se siete tra quelli assolutamente mal disposti a qualsivoglia modifica alimentare… passate oltre. Se invece siete disposti a rischiare – o quantomeno a portare avanti le vostre scelte alimentari, qualsiasi esse siano, in modo consapevole, allora proseguite la lettura.
In questo articolo approfondire l’argomento nutrizione-acne, con uno sguardo attento alla letteratura scientifica passata e recente, nel tentativo di capire in che misura l’alimentazione sia coinvolta e soprattutto quali scelte si possano attuare dal punto di vista nutrizionale per coadiuvare le terapie, evitare recrudescenze e velocizzare il processo di guarigione.
Alimentazione e acne: passato e presente
A partire dalla fine del 1800 e fino agli inizi del 1900 l’alimentazione era considerata parte integrante del trattamento contro l’acne, tanto che nei testi di dermatologia, accanto alle terapie farmacologiche, comparivano sempre consigli di tipo alimentare: per fare un esempio, pur senza le conoscenze acquisite nell’epoca più recente, si sospettava già un possibile legame tra acne e cibi zuccherati e tra acne e consumo eccessivo di latte.
Fu a partire dagli anni 60 del secolo scorso che la correlazione tra acne e alimentazione subì una drastica perdita di consensi: pare che ciò fosse dovuto ad un paio di studi mal condotti (senza gruppo di controllo o comparando alimenti troppo simili tra loro), che nonostante le evidenti limitazioni vennero presi come riferimento e che “dimostravano” come non ci fosse correlazione tra alcuni degli alimenti tradizionalmente imputati per lo sviluppo dell’acne e la patologia stessa. Questo fu sufficiente perché tra i dermatologi cominciasse a circolare l’idea che l’influenza della dieta sullo sviluppo dell’acne non fosse poi così significativa. Nei libri di testo scomparve ogni riferimento all’alimentazione, che – anzi – passò ad essere considerata come credenza vecchia e “antiscientifica”. [10, 15]
Gli studi recenti, tuttavia, hanno confermato alcune delle “vecchie” ipotesi sulla correlazione tra cibo e acne: d’altronde, in un’epoca come quella attuale, in cui i benefici di una corretta alimentazione nei confronti del mantenimento della salute e della prevenzione di numerose patologie croniche sono stati ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica, riesce difficile sostenere che l’alimentazione non possa rivestire alcun ruolo nella patogenesi dell’acne. Tanto più che, da un punto di vista cosiddetto epidemiologico (ossia in riferimento alle diverse popolazioni del mondo), appare quantomai evidente come l’incidenza dell’acne sia significativamente maggiore nei paesi occidentali rispetto a quelli orientali (o comunque meno occidentalizzati), dove – guarda caso – la dieta è molto meno ricca di grassi saturi e di zuccheri, i principali imputati nella patogenesi dell’acne. [3,6]
Il dibattito tra alimentazione e acne è tuttora in corso e, se ancora non ci sono risposte univoche, molto è stato fatto dal punto di vista della ricerca, che ha portato risultati molto interessanti.
Acne e alimenti: i “colpevoli”
Cioccolato, salumi, latte e latticini si sono trovati ciclicamente sul banco degli imputati come presunti responsabili, se non dell’insorgenza, quantomeno del peggioramento dell’acne e dei fenomeni irritativi ad essa correlati.
In particolare, secondo un lavoro di revisione della letteratura scientifica relativa a studi pubblicati dal 2009 al 2020, gli alimenti considerati potenzialmente responsabili dello sviluppo dell’acne risultano essere [1,2,3,12,14]
- Cibi ad elevato indice glicemico
- Zucchero e dolci in genere
- Bibite dolci
- Sfarinati da farine raffinate (pane, pasta, riso, … raffinati, ovvero NON integrali)
- Gallette
- Patate
- Latte e derivati
- Alimenti contenenti grassi saturi
- Derivati animali
- Olio di cocco
- Alimenti ultraprocessati (cibi di origine industriale e ultratrasformati, snack, …)
- Cioccolato (ma su questo alimento la questione è ancora controversa)
I cibi che invece risulterebbero protettivi sono
- Frutta
- Verdura
- Acidi grassi insaturi (come gli gli omega-3, contenuti per esempio del pesce, nei semi di lino e nelle noci)
Frutta e verdura, in particolare, avrebbero un ruolo protettivo nei confronti dell’acne, in virtù delle loro proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. A tal proposito, diversi studi suggeriscono come la dieta mediterranea classica, ricca di frutta, verdura e legumi e povera di carni, formaggi e insaccati, costituirebbe l’arma alimentare migliore per prevenire l’insorgenza dell’acne e delle sue complicanze. [1]
Carboidrati raffinati, zuccheri semplici e indice glicemico
Gli effetti sull’acne di un’alimentazione ricca di carboidrati raffinati ad alto indice glicemico (zuccheri semplici, farine bianche) sono ben documentati da numerosi studi scientifici, effettuati anche a confronto con placebo.
Il meccanismo con cui agiscono questi cibi passa attraverso l’attivazione del fattore di crescita IGF-1 (insuline growth factor), che a sua volta è in grado di provocare
- iperproliferazione di cheratinociti
- aumento della produzione di ormoni androgeni (con conseguente aumento della produzione di sebo).
Per contro, una dieta povera di cibi ad alto indice glicemico, optando ad esempio per pane e pasta integrali, mostra un effetto protettivo, contenendo l’aumento dell’IGF e dunque dello sviluppo dell’acne.
Per molto tempo si è pensato che fossero gli androgeni i maggiori responsabili dell’insorgenza dell’acne: in effetti, la comparsa durante la pubertà, in concomitanza con cambiamenti ormonali, suggeriva questa correlazione. Tuttavia, se è vero che il livello di androgeni aumentano durante la pubertà, è altrettanto vero che esso rimane elevato per le successive decadi, mentre l’acne fortunatamente nella maggior parte dei casi regredisce. Ebbene, a diminuire dopo l’età puberale non sono gli androgeni ma l’IGF-1, un fattore essenziale per la crescita di ogni individuo, ma che diminuisce fisiologicamente una volta terminato l’accrescimento.
La prima evidenza in tal senso fu descritta nel 1999 da due ricercatori, Deplewski e Rosenfield: essi osservarono come le persone affette dalla sindrome di Laron – una malattia autosomica recessiva caratterizzata da carenza del fattore IGF-1 – non sviluppavano mai l’acne (e peraltro nemmeno il diabete e altre patologie caratteristiche della civiltà occidentale, che oggi si sa essere legate all’aumento dei livelli di insulina e IGF-1). Ai pazienti con sindrome di Laron deve essere somministrato l’IGF-1 per evitare nanismo e ritardi nella crescita, almeno durante tutta la pubertà: la somministrazione di elevati livelli di questo fattore di crescita, tuttavia, ha spesso come effetto collaterale l’insorgenza dell’acne.
[3,4,5,14]
Latte, latticini e il complesso mTORC-1
Il ruolo di latte e dei latticini nella patogenesi dell’acne è stato oggetto di numerosi studi: quelli più recenti di fatto confermano i risultati degli studi precedenti, evidenziando un ruolo effettivo nel consumo di derivati del latte sullo sviluppo dell’acne. In particolare, la zona soglia riguarderebbe il consumo di latte e latticini per più di 3 volte a settimana: al di sopra di questo valore sarebbe evidente l’effetto “booster” sulle lesioni acneiche.
Anche in questo caso il principale imputato pare sia l’IGF: il latte, pur essendo un alimento a basso indice glicemico, è in grado di aumentare i livelli di glicemia e insulina – e conseguentemente quelli dell’IGF. Secondo alcuni studi epidemiologici, il consumo di latte aumenterebbe del 20-30% i livelli plasmatici di IGF-1 rispetto al non consumo. [8]
I componenti del latte responsabili di questa azione sarebbero steroidi, alfa-lattoalbumine, ormoni stimolanti l’IGF; non sembra invece che la componente lipidica sortisca effetto alcuno in questa direzione (come dimostra il fatto che l’effetto sull’aumento dell’IGF si verifichi anche col latte scremato). [1,8,9]
Oltre all’IGF, esiste altro fattore coinvolto nella patogenesi dell’acne, il complesso mTORC-1 (mammalian target of rapamycin complex 1), che agisce all’interno della cellula come regolatore della sintesi di proteine e lipidi nonchè della crescita e della proliferazione cellulare. L’mTORC viene attivato essenzialmente da due fattori:
- la presenza di segnali di crescita (Insulina e IGF)
- la biodisponibilità di amminoacidi ramificati.
Il latte agisce su entrambi questi meccanismi di attivazione:
- da un lato, come si è detto in precedenza, provoca un aumento di insulina e IGF,
- dall’altro, stimola l’azione dell’mTORC grazie all’elevato contenuto in Leucina – il principale amminoacido ramificato attivatore dell’mTORC
Il latte vaccino contiene quantità di Leucina maggiori rispetto a tutti gli altri alimenti di origine animale – e il triplo rispetto al latte umano. Questo non deve stupire: il latte vaccino è “progettato” per la crescita del vitello, che cresce 40 volte più velocemente rispetto al neonato umano. Tuttavia, il consumo di latte vaccino nei primi anni di vita di un essere umano, quando il corpo è in forte e rapido sviluppo, potrebbe non costituire un grosso problema.
L’eccessivo consumo in età adolescenziale e adulta, invece, può rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di numerose patologie. Secondo uno studio recente [8], il latte non è solo un alimento, ma rappresenta un sistema sofisticato di segnalazione ormonale che può attivare il fattore mTORC, il quale a sua volta può favorire lo sviluppo di malattie quali acne, diabete di tipo 2, obesità, malattie metaboliche, malattie neurodegenerative, cancro al seno e alla prostata; un’eccessiva e precoce stimolazione dell’mTORC è stata anche correlata alla comparsa precoce delle mestruazioni nelle ragazze in età prepuberale.
Il latte non è l’unico alimento in grado di innalzare in modo pericoloso i livelli di mTORC: uova, carne e derivati, latticini, junk food (il cibo “spazzatura”, costituito da cibi fritti, unti, fast food con ingredienti sbilanciati, cibi ricchi di grassi saturi) agiscono infatti nella stessa direzione.
Per contro, una dieta che sopprima o comunque limiti l’attività dell’enzima mTORC, come quella mediterranea o comunque tutte quelle ad elevato contenuto vegetale e basso contenuto animale, ha effetto positivo sulla prevenzione dell’acne e delle patologie sopra citate. [7]
Cioccolato
Il cioccolato ha conosciuto fortune alterne in merito alla correlazione con l’acne: di fatto, molti studi confermano come un consumo eccessivo possa esacerbare le lesioni dell’acne. Non è tuttavia chiaro quale sia il componente o i componenti responsabili di tale effetto, dato che il cacao di per sé contiene acido oleico e flavonoidi, con riconosciuto effetto protettivo. Probabilmente l’azione è dovuta non tanto al cacao quanto al contenuto di zuccheri e latte: ne conseguirebbe un impatto meno negativo da parte del cioccolato fondente rispetto a quello al latte, ma i risultati degli studi in tal senso sono ancora contradditori. [1]
Altro
Per completezza riportiamo alcuni altri alimenti oggetto di studio come potenziali corresponsabili del peggioramento dell’acne:
- uova
- bibite a base di cola e soft drinks
- cibi salati
Gli studi in merito a questi alimenti risultano ancora alquanto carenti e non permettono di trarre conclusioni di alcun tipo, ma è inequivocabile il loro ruolo nell’epidemia di malattie cardiometaboliche dei Paesi occidentali.
E quindi? Quale dieta seguire?
Nonostante gli aspetti che restano da chiarire, sulla base di quanto sappiamo oggi appare ragionevole consigliare l’adozione di una dieta che si basi sul modello mediterraneo, ovvero ricca di frutta e verdura, alimenti semplici e integrali, legumi e povera di derivati animali in genere.
I benefici attesi sullo sviluppo dei brufoli ripagano ampiamente delle piccole rinunce necessarie, oltre a favorire l’abitudine a un regime alimentare sostenibile per l’intera vita e dai dimostrati (e in questo caso inequivocabili) effetti protettivi nei confronti delle malattie cardiometaboliche e tumorali.
Bibliografia
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