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Glicemia: 3 strategie scientifiche per sapere come ridurla

glicemia come ridurla

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Introduzione

È possibile ridurre l’aumento della glicemia di un pasto, a prescindere da quanto e cosa stai mangiando?

Sì, e in questo articolo ti mostrerò 3 strategie apparentemente controintuitive, ma prima consentimi di ricordarti che con una dieta completa ed equilibrata, che sia uno dei tasselli di uno stile di vita attivo e salutare, sai quanto deve importarti la glicemia dopo un qualsiasi pasto?

Zero.

Il 99% delle persone ragionevolmente in salute e non in sovrappeso, e ovviamente non diabetiche, non ha alcun bisogno di preoccuparsi di come cambia la glicemia, nemmeno quando si lascia tentare da ricordi adolescenziali e decide di regalarsi l’esagerazione di una pizza con patatine fritte mentre è a cena con i compagni di liceo…

Ehm…

Detto questo, ritengo che possa essere estremamente utile comprendere alcuni meccanismi metabolici, non fosse altro che per affrontare con spirito critico la marea di disinformazione cui siamo quotidianamente esposti, perché conoscenza e consapevolezza sono la miglior difesa che abbiamo, anche nei confronti di questo ingiustificato e dilagante terrore verso i carboidrati.

Dieta low-carb

Una dieta low-carb è un piano alimentare in cui, consapevolmente, si decide di limitare il consumo di carboidrati, il macro-nutriente che più di tutti aumenta la glicemia nel sangue. In questo articolo non m’interessa valutarne la bontà, se mi segui sai che sono più orientato verso diete maggiormente equilibrate, ma non è questo di cui vorrei discutere oggi. Quello che vorrei discutere con te è invece come una dieta di questo tipo si rifletta sulla capacità di gestire i carboidrati. 

Se limiti moltissimo i carboidrati nei giorni precedenti, puoi concederti poi con più tranquillità un occasionale strappo zuccheroso, magari un bel piattone di pasta o… follia!… una pizza con patatine, giusto?

Mmmmm, in realtà no, anzi, succede proprio l’esatto contrario!

Uno degli aspetti che più affascina degli esseri viventi è la capacità di adattamento che dimostrano, caratteristica che nell’essere umano si manifesta in tutta la sua straordinaria complessità: se smetti di consumare carboidrati, o comunque li riduci in modo rilevante, per il corpo è segno che non c’è più disponibilità di questo nutriente e quindi perché sprecare risorse per una gestione più efficace? Meglio dedicarsi invece a quello che passa il convento in questo periodo, proteine e/o grassi che siano.

Bastano pochi giorni di dieta low-carb per diventare meno bravi a gestire i carboidrati e questo significa manifestare un aumento della glicemia più rilevante in caso di pasto ricco di zuccheri. E se ci pensi ha senso: per diventare più brava a praticare uno sport come fai?

Esatto, ti eserciti tutti i giorni.

La capacità di trattare i carboidrati non è diversa, un consumo regolare ne migliora il metabolismo, perché il corpo si adatta e diventa più efficace ed efficiente a gestirli (ed ovviamente questo vale anche per gli altri nutrienti, più grassi mangiamo e più il corpo diventa efficiente nella gestione dei grassi). Le grane iniziano sempre con l’eccesso energetico…
Il problema non è mangiare carboidrati, il problema è mangiarne più di quelli che ci servono, un po’ come gli sportivi che esagerano con l’allenamento e non lasciano al corpo il necessario tempo di recupero.

Questo cosa significa da un punto di vista pratico?

Significa che un soggetto in salute abituato ad un corretto consumo di alimenti ricchi di carboidrati manifesterà mediamente un aumento più contenuto della glicemia in caso del famigerato strappo alla regola. D’altra parte, da un punto di vista più prettamente medico, non dimentichiamo che diete eccessivamente ricche di grassi favoriscono insulino-resistenza, con meccanismi biochimici ancora in parte da chiarire, ma presumibilmente legati al fatto che smettiamo di allenarci a gestire i carboidrati.

Peraltro ti ricordo che

Parte dei carboidrati in eccesso riesce ad essere convertita in calore nei soggetti con buona sensibilità insulinica, i grassi vengono quasi tutti assorbiti.

In parole più semplici significa che nel soggetto in salute con un buon stile di vita, la seconda fetta di torta quando ceni dalla mamma riuscirà ad essere smaltita senza particolari conseguenze anche se dovesse eccedere il fabbisogno di quel preciso momento. Non voglio divagare, ma se t’interessa approfondire è uscito un video meraviglioso del solito Biasci che t’invito a guardare:

Per inciso, questo fenomeno lo conosciamo da quasi un secolo ed è anche la ragione per cui se il medico ti prescrive una curva da carico di glucosio non è una grande idea evitare pasta e pane nei giorni precedenti pensando così di migliorare l’esito, l’effetto sarebbe diametralmente opposto.

Riassumendo: vuoi migliorare la tua glicemia? Non esagerare dal punto di vista delle calorie, ma mangia regolarmente fonti sane di carboidrati come cereali integrali e legumi, allenerai il tuo corpo a gestirli in modo ottimale.

Effetto secondo pasto

Confesso di avere un debole verso tutti quei fenomeni che vengono descritti con il termine effetto, a prescindere dall’argomento:

  • effetto farfalla nella teoria del caos,
  • effetto placebo in medicina
  • effetto Dunning-Kruger in psicologia
  • effetto pigmalione in sociopsicologia

Non so dirti da dove nasca questa passione, forse dal fatto che spesso si tratta di fenomeni che nascondono un apparente paradosso o quantomeno una conseguenza inaspettata. In termini di glicemia abbiamo già parlato dell’effetto alba, ma oggi vorrei parlarti del cosiddetto effetto secondo pasto, tanto semplice quanto potente.

La glicemia del tuo prossimo pasto, sarà influenzata dal pasto precedente.

Una cena salutare, ti permette di contenere l’aumento della glicemia della fetta di pane e marmellata a colazione, nonostante siano passate 10-12 ore.

Una colazione sana, ricca di fibra, produrrà sicuramente effetti a pranzo, ma è in grado di determinare effetti addirittura ancora a cena.

Un pranzo come si deve limiterà il picco glicemico della successiva cena con i compagni del liceo.

Forte, non credi? Permettimi di spiegarlo di nuovo con altre parole perché lo considero davvero importante: è noto che cereali integrali e legumi producono nelle ore seguenti una glicemia ridotta rispetto ad esempio al consumo di pane raffinato e di conseguenza, ragionevolmente, anche una ridotta produzione d’insulina.

E fin qui nulla di nuovo.

Più interessante è tuttavia scoprire che questo effetto si protrae per diverse ore, andando a modulare anche la risposta nei pasti seguenti. Tutto qui: tanto semplice, quanto potente.

Perché succede? Non è ancora chiarissimo, ma le attenzioni sono puntate anche sulla flora batterica intestinale e le sostanze che produce, ad esempio acidi grassi a corta catena.

Una sola avvertenza: gli autori di questo lavoro sottolineano che

macinatura e cottura prolungata annullano l’effetto sul pasto successivo, quindi i cereali integrali e i legumi dovrebbero essere consumati nella loro forma originale o come prodotti di una lavorazione minima per ottenere il massimo beneficio.

Questo significa addio a pane e pasta perché derivano dalla farina? Assolutamente no, perché come anticipato in apertura uno stile di vita sano non è frutto di un’ossessiva ricerca della perfezione assoluta, ma di una costante abitudine a un più ragionevole approccio che sia semplicemente di buon senso, anche perché il soggetto sano e in buona salute non ha particolari motivi per voler abbassare la risposta glicemica, che nel suo caso e per definizione sarà del tutto normale anche in occasione di eventuali picchi.

Sarà eventualmente il soggetto diabetico a spingere un po’ di più sui cereali in chicco al posto di pane e pasta, sapendo che nel suo caso potrà valere la pena qualche ulteriore attenzione.

Attività fisica

Tutti sappiamo che svolgere regolarmente attività fisica può migliorare la sensibilità all’insulina e ridurre il rischio di diabete di tipo 2, ma come influisce la singola sessione sulla glicemia delle ore successive?

L’aumento della glicemia che si osserva dopo un pranzo consumato immediatamente dopo un’attività fisica intensa, sarà superiore a quello dello stesso pasto consumato dopo essersene stati sul divano per tutto il pomeriggio.

Sì, hai capito bene, la glicemia sarà più alta dopo l’attività sportiva… Questa fase dura però circa un’oretta e l’aspetto più interessante è quello che succede dopo:  il soggetto sportivo svilupperà una maggior sensibilità all’insulina che durerà per un paio di giorni circa, coprendo quindi i pasti dei 2-3 giorni dopo, sempre a parità di cibo, e manifestando cioè aumenti più contenuti della glicemia rispetto all’amico che è stato sul divano.

Questo mi porta a farti notare alcune importanti conseguenze:

  1. il singolo picco di glicemia non è un qualcosa che deve preoccuparci nel quotidiano se abbiamo uno stile di vita sano, perché il nostro organismo è perfettamente attrezzato per gestirlo;
  2. l’attività fisica si dimostra una volta di più la miglior medicina, ma questo intervallo durante il quale si protrae l’effetto è la ragione per cui sarebbe opportuno praticare esercizio tutti i giorni o almeno a giorni alterni;
  3. di nuovo vediamo all’opera dei potenti sistemi di adattamento del nostro corpo: durante l’attività fisica, soprattutto se aerobica (ad esempio la corsa, la bici, ma anche una camminata a passo svelto), c’è grande movimento di zucchero nel nostro sangue, perché i muscoli lo richiedono come carburante e il fegato si attiva per inviarglielo, ma questo non solo NON è un pericolo, è di grandissimo beneficio per il nostro corpo, che impara ad usarlo correttamente ed efficacemente.

Conclusione

Questi sono solo 3 dei tantissimi fattori in grado di incidere sul tanto temuto picco glicemico post prandiale, l’espressione forbita che quelli bravi usano per indicare un importante aumento della quantità di zucchero nel sangue dopo un pasto.

Più ancora che le 3 strategie in sé, il concetto che vorrei che ti rimanesse al termine di questo articolo è però un altro: siamo nell’era dell’informazione, con due tocchi sul cellulare possiamo recuperare qualunque nozione e scoprire i più fini dettagli biochimici dietro alla regolazione della glicemia, ma questo non è sempre necessario.

Non fraintendermi, è meraviglioso che sia possibile, ma se quello che t’interessa è semplicemente invecchiare in salute, non è indispensabile conoscere l’effetto del secondo pasto… non è necessario preoccuparsi se per ottimizzare il pranzo dopo la passeggiata sia meglio scegliere i rigatoni, gli spaghetti trafilati al bronzo, il bulgur o l’avena integrale… perché tanto saranno tutti alimenti presenti nella tua rotazione settimanale.

Non dovrai preoccuparti di guardare il video dove ti spiego che consumare prima la verdura riduce la glicemia, non dovrai preoccuparti di guardare quello dove ti faccio vedere che addirittura l’aceto ha lo stesso effetto… perché il tuo stile di vita sarà sano nel complesso, starai già mangiando un sacco di verdura, e queste saranno poco più che curiosità. Avrai già, inoltre, la consapevolezza e la tranquillità di non doverti minimamente preoccupare della serata a cena con i compagni del liceo che vedi solo due volte l’anno.

Chi deve preoccuparsene?

Beh, soggetti in condizioni specifiche, come lo sportivo professionista avrà una dieta studiata in modo da ottimizzare il recupero per poter sostenere i due allenamenti giornalieri, allo stesso modo il soggetto con problemi di glicemia o magari alle spalle una vera e propria diagnosi di diabete potrà beneficiare di qualche attenzione specifica in più.

Se sei in sovrappeso, è molto più importante perdere almeno parte dei chili in eccesso piuttosto che fissarsi sull’effetto del secondo pasto, anche perché una dieta sana ed equilibrata, magari prevalentemente vegetale come suggerito dalle più recenti linee guida, ti porterà naturalmente anche a beneficiare dell’effetto senza che tu te ne renda conto.

Non farti distrarre troppo da questi piccoli trucchetti, ricordati sempre che “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”.

Il tuo fine ultimo dev’essere sempre la visione generale… in ordine sparso perdere peso se necessario, smettere di fumare, migliorare la qualità del sonno, ridurre lo stress, aumentare l’attività fisica, migliorare la tua alimentazione: se la tua dieta nel complesso fa schifo, non ti servirà a nulla mangiare un singolo piatto di avena integrale al momento del pranzo che precede una cena fuori casa, non sposterà gli equilibri.

Non si tratta di una gara sui 100 m, ma di una maratona: a fare la differenza non è cosa fai un singolo giorno, ma la costanza, la regolarità, l’abitudine, e in questo senso piccoli cambiamenti progressivi che gradualmente si sommano uno sull’altro sono assolutamente positivi ed efficaci, spesso più sostenibili nel tempo rispetto a cambiamenti improvvisi ed eccessivamente drastici.

In inglese si dice “Done is better than perfect”, che con qualche licenza poetica mi piace tradurre come “Pensa a iniziare, per la perfezione ci sarà tempo”.

Non confondere mai tattica e strategia:

  • La strategia è un piano generale e a lungo termine che viene sviluppato per raggiungere un obiettivo specifico, nel nostro caso la salute, attraverso uno stile di vita più sano. La strategia riguarda quindi la direzione complessiva e le scelte fondamentali per raggiungere il risultato desiderato. La strategia coinvolge decisioni di alto livello riguardo a cosa fare e come farlo, prendendo in considerazione l’ambiente circostante, ma anche le risorse disponibili e, spesso lo dimentichiamo, le inclinazioni e preferenze personali. La strategia si concentra sul “cosa” e sul “perché”.
  • D’altra parte la tattica è l’attuazione specifica della strategia attraverso azioni concrete e dettagliate. Riguarda le scelte e le azioni immediate che vengono intraprese per raggiungere gli obiettivi strategici. La tattica coinvolge il “come” e si concentra sugli aspetti operativi dell’esecuzione. Le tattiche sono spesso specifiche e a breve termine, e possono essere adattate o modificate in base alle circostanze, perché ricorda, nessun piano di battaglia sopravvive all’impatto col nemico, ma una buona strategia invece sì.

In questo articolo abbiamo parlato di tattiche, di ulteriori strumenti che hai a disposizione nella tua cassetta degli attrezzi, ma che da soli non ti porteranno da nessuna parte senza una strategia di più ampio respiro.

La consapevolezza di dover migliorare la dieta e praticare più attività fisica è strategia ed è più importante della tattica che userai, soprattutto quando c’è tutto da ricostruire; ci sarà poi eventualmente tempo per ottimizzare.

Fonti e bibliografia

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