(Segue trascrizione del video)
Le diete iperproteiche sono sempre più comuni, nonché particolarmente amate; quasi invariabilmente si tratta di approcci low-carb, ovvero regimi alimentari in cui vengono sacrificati i carboidrati a favore di proteine e grassi, e la mente non può che correre rapida alla moda di questi anni, la dieta chetogenica. Se ci pensi non è difficile trovare le ragioni di questo successo:
- Abbattimento del senso di appetito dopo appena pochi giorni,
- Perdita di peso estremamente rilevante nel breve periodo.
E poco importa se sul lungo periodo non siano in realtà più efficaci di approcci maggiormente equilibrati, nonché più sostenibili, è chiaro come un approccio efficace e, almeno inizialmente, facile da seguire, possa godere di tutto questo apprezzamento.
Ti dirò, se una volta anch’io ero più critico, ad oggi ho maturato un approccio tendenzialmente neutro: continuo a non considerare la dieta chetogenica un regime ideale, ma se può funzionare per pazienti che non abbiano ottenuto risultati con diete più sane, perché no? Il rapporto rischio beneficio, ma lo ripeto, solo in alcuni pazienti, potrebbe valere la pena.
Eppure c’è un argomento che salta sempre fuori quando si parla di proteine: ovvero il loro impatto sui reni, ed è naturale che sorga questo dubbio, perché quando viene diagnosticato un problema renale diventa molto importante prestare particolare attenzione a specifici aspetti della tua dieta, tra cui introito di sodio, di potassio, di fosfati e di proteine, preferendo peraltro quelle di origine vegetale.
Ma se invece sei in perfetta salute, è utile applicare lo stesso grado di attenzione alla provenienza e alla quantità di proteine?
Si tratta di una domanda legittima, perché se è noto che negli stati più avanzati di malattia renale una dieta ipoproteica, ovvero a basso contenuto di proteine, sia un cardine del trattamento, cosa facciamo nel paziente sano? Un eccesso di proteine è un pericolo?
Il dubbio nasce pensando al fatto che durante la loro digestione il corpo produce l’urea, un composto che viene eliminato con l’urina. Quando i reni non funzionano correttamente l’urea si accumula nel sangue causando vari sintomi, tra cui nausea, affaticamento e perdita di appetito. Più scorie proteiche devono essere rimosse, più i reni devono lavorare duramente per liberarsene e questo alla lunga può essere decisamente stressante per dei reni già in difficoltà.
Ecco perché una dieta ipoproteica è necessaria quando i reni non funzionano a sufficienza, approccio che si rivela necessario non solo per un benessere immediato, ma anche per beneficiare di un rallentamento nella progressione della malattia renale cronica in stato avanzato. In altre parole, nel paziente nefropatico grave la dieta ipoproteica allunga l’intervallo di tempo che precede l’ingresso in dialisi.
Nel soggetto sano, invece, non ci sono grossi problemi, i reni sono in grado di farsi carico anche di un eventuale ed occasionale eccesso di proteine, ma a questo proposito vorrei puntare la tua attenzione su alcuni aspetti importanti:
- In base a quello che sappiamo oggi, seguire una dieta iperproteica, ovvero con più proteine del consigliato dalla linee guida, non appare un rischio per il soggetto sano sul breve periodo, mentre su lungo periodo non abbiamo ancora questa sicurezza. E sì, sto parlando quindi anche delle diete cheto, che è improbabile che compensino il taglio dei carboidrati solo con l’aumento dei grassi.
- Ormai sostanzialmente tutte le società medico scientifiche sono concordi sul fatto che le fonti vegetali di proteine siano preferibili a quelle animali. Non ti sto dicendo che tu debba diventare vegano per forza, non ti sto dicendo che la carne non possa trovare spazio in una dieta sana e ben bilanciata, ti sto dicendo che generalmente noi occidentali mangiamo troppi derivati animali e dovremmo quindi ricalibrare almeno un pochino la distribuzione animale/vegetale.
- Terzo punto, forse il più importante di tutti: “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito” e così facciamo noi, cercando di curare non il corpo ma gli esami del sangue o il numero che si legge sulla bilancia. Ti dico questo perché più che il valore numerico quello che deve importarci è l’obiettivo a lungo termine, e si accumulano prove sempre più convincenti che esagerare con le proteine sia collegato ad una riduzione della longevità, soprattutto, di nuovo, quando le fonti siano prevalentemente animali. Il prof. Fontana in questo senso è stato uno dei primi ricercatori che io abbia sentito occuparsi del problema, ma non è il solo ovviamente.
In effetti sono diversi gli autori che ipotizzano che diete iperproteiche seguite per lunghi periodi possano essere causa diretta di danno renale anche in soggetti sani e che la differenza tra fonti animali e vegetali possa risiedere in fattori quali
- carico acido della dieta,
- contenuto di fosfati,
- alterazioni del microbioma intestinale e conseguente infiammazione,
- oltre ovviamente alle altre sostanze che le fonti animali si portano dietro, primi fra tutti i grassi saturi.
Insomma, per fartela breve, mancano sicuramente ancora molti tasselli, ma t’invito alla prudenza: un apporto corretto di proteine è senza alcun dubbio fondamentale, ma se resta valido il consiglio che ti do sempre di preferire le fonti vegetali, mi permetto di invitarti alla cautela anche con le quantità se parliamo di un arco temporale di mesi o addirittura anni, perché le diete iperproteiche (e la dieta occidentale è già di per sé più spesso di quanto non si pensi iperproteica) potrebbero non essere così sicure come si è sempre pensato.