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la ricerca Oceans and Human Health esplora i benefici per la saluite della vicinanza col mare ma valuta come i rischi e le minacce a cui noi umani esponiamo il mare finiscano per danneggiare la salute umana a causa dell’inquinamento, degli agenti patogeni e dell’industrializzazione.
Area marina protetta di Cap de Creus, uno splendido parco naturale nel nord-est della Catalogna. Un gruppo di pazienti oncologici accompagnati da un oncologo e un ricercatore sta facendo un’escursione e sta partecipando a uno studio che esplora il potere curativo dell’ambiente costiero.
Marissa Busquets, una delle pazienti che ha aderito all’iniziativa, racconta la sua esperienza:
“Sei anni fa ho avuto un cancro al seno. Mi sono dovuta sottoporre a cure, radioterapia, ho dovuto assumere farmaci, e tutto questo è stato un duro colpo per me. Ma ora ogni giorno mi godo questo ambiente che mi aiuta a sentirmi meglio. Il suono rilassante del mare, l’odore dei pini ci danno pace interiore, la migliore pillola per la nostra salute. E la salute interiore aiuta anche quella fisica”.
È opinione diffusa che l’oceano abbia molti benefici per la salute, ma mancano dati concreti.
Così un team di medici e ricercatori della città di Roses ha invitato 24 pazienti oncologici a partecipare ad attività costiere per due anni, monitorandone attentamente gli effetti.
Il dottor Àngel Izquierdo-Font, oncologo dell’ Istituto Catalano di Oncologia racconta le prime evidenze:
“Siamo rimasti sorpresi dal fatto che con un piccolo numero di pazienti abbiamo riscontrato un effetto significativo. Questi pazienti hanno terminato il trattamento da tempo e non hanno un cancro attivo, ma alcuni di loro soffrono di sintomi cronici o di qualche disturbo emotivo, e pensiamo che questa attività a contatto con la natura possa essere di grande beneficio per loro.”
Sebbene queste attività non possano sostituire la terapia medica, hanno dimostrato di avere effetti positivi tangibili sul benessere emotivo dei pazienti. I ricercatori hanno raccolto dati attraverso questionari e monitorato i principali indicatori di salute con gli smartwatch.
Anche Eliana Guerrero è una paziente oncologica che partecipa allo studio:
“Ogni volta che iniziamo una qualsiasi attività, che sia una passeggiata in riva al mare o il nuoto, lo snorkeling o altro, controlliamo la frequenza cardiaca e la saturazione di ossigeno del corpo…”
Maria Palou, paziente oncologica, partecipante allo studio
“È qualcosa che ti dà molte endorfine – aggiunge Maria Palou – molta energia. Il mare è una piccola farmacia che bisogna saper usare.”.
All’interno di un centro di sostegno al cancro, i pazienti hanno la possibilità di parlare con uno psicologo e con un medico generico. Il medico di base prescrive una “ricetta blu”.
Sono i ricercatori a suggerire di integrare gli “spazi blu” nei programmi di prescrizione sociale che mettono in contatto i pazienti delle cure primarie con i servizi e le risorse della comunità: i medici di famiglia possono così prescrivere ai loro pazienti attività come il bagno o lo snorkeling, all’interno del loro piano di trattamento.
Questa collaborazione tra scienziati, medici, una fondazione per la lotta contro il cancro e le autorità locali, contribuisce allo sviluppo di un’ area di ricerca che esplora i molti modi in cui il mare influisce sulla nostra salute e sul nostro benessere, dal cibo che mangiamo all’aria che respiriamo.
Il mare: risorsa da salvare, anche per la nostra salute
Ma questi benefici dipendono dalla salute del mare stesso. Se gli habitat e gli ecosistemi naturali non vengono preservati, i benefici per la salute umana potrebbero andare persi.
Josep Lloret, biologo marino dell’Università di Girona, coordina questa ricerca a Roses.
“Questa linea di ricerca, Oceans and Human Health, esplora tutti questi benefici, ma allo stesso tempo esamina come i rischi e le minacce a cui noi umani esponiamo il mare finiscano per danneggiare la salute umana attraverso un aumento dell’inquinamento, degli agenti patogeni o dell’industrializzazione”.
dalla Spagna ci spostiamo nella splendida Cornovaglia, in Inghilterra.
L’inquinamento può trasformare i benefici del mare in rischi per la salute
La Cornovaglia, una popolare destinazione per il surf nel sud-ovest dell’Inghilterra, non fa eccezione. I surfisti che visitano queste spiagge idilliache devono tenere d’occhio gli allarmi sulla qualità dell’acqua: in molte località del Paese, gli impianti di trattamento delle acque possono superare la loro capacità scaricando quindi acque reflue dannose, rendendo le acque costiere non più sicure per attività come il surf.
Izzy Ross, responsabile delle campagne di Surfers Against, l’associazione di beneficenza per la conservazione dell’ambiente marino, spiega:
“È molto importante per la mia salute mentale e per quella di molte persone che vivono qui in Cornovaglia. E’ una parte fondamentale della nostra vita. Ma purtroppo a volte non possiamo entrare in acqua perché non è sicuro. A volte si ingoia un po’ di quell’acqua: significa che si stanno ingerendo molti batteri e virus potenzialmente dannosi.[L’anno scorso abbiamo avuto 720 segnalazioni, alcune delle quali davvero scioccanti: gastroenteriti, infezioni agli occhi, alle orecchie, alle vie urinarie e persino un caso di insufficienza renale”.
Izzy incontra i ricercatori
Per comprendere meglio i rischi, i surfisti hanno collaborato con i ricercatori del Centro europeo per l’ambiente e la salute umana dell’Università di Exeter. Un progetto finanziato dall’UE ha analizzato campioni prelevati da surfisti di tutto il Regno Unito e i risultati sono stati a dir poco allarmanti, come ci racconta Anne Leonard, epidemiologa ambientale del Centro europeo per l’ambiente e la salute umana,della Scuola di medicina dell’Università di Exeter:
“Abbiamo scoperto che i surfisti hanno una probabilità circa tre volte superiore rispetto alle persone che non entrano in acqua di avere batteri resistenti agli antibiotici nel loro campione di microbioma fecale. E questo è molto importante perché c’è la possibilità di trasmettere batteri resistenti agli antibiotici ad altre persone”.
L’allarme dei ricercatori
Prelevando un campione d’acqua dal torrente i ricercatori hanno scoperto che i corsi d’acqua che trasportano rifiuti urbani e agricoli nei nostri mari stanno alimentando l’evoluzione di agenti patogeni resistenti ai farmaci. Queste infezioni stanno già facendo registrare un pesante tributo, pari a quello della pandemia COVID-19. Entro il 2050, potrebbero diventare la principale causa di morte a livello mondiale.
William Gaze, microbiologo del Centro europeo per l’ambiente e la salute umana, Facoltà di medicina dell’Università di Exeter mette in guardia:
“I rifiuti umani e animali comprendono anche residui di antibiotici. E anche se questi sono davvero diluiti e a bassi livelli nell’acqua, come quella dei fiumi e del mare, stiamo scoprendo che in realtà possono ancora essere a un livello tale da favorire un’ulteriore resistenza agli antibiotici”.
Alla scuola di medicina dell’Università di Exeter l’acqua viene filtrata e analizzata e le prime analisi hanno confermato la reale minaccia per la salute. Le scoperte dimostrano chiaramente che la contaminazione dei nostri oceani con sostanze pericolose non riguarda solo i surfisti e altri frequentatori abituali del mare, ma l’intera comunità, indipendentemente dallo status economico.
L’inquinamento da antibiotici, un problema globale
La microbiologa Aimee Murray, del Centro europeo per l’ambiente e la salute umana, Scuola di medicina dell’Università di Exeter commenta:
“Si pensa comunemente che l’inquinamento da antibiotici sia un problema soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito, dove si producono gli antibiotici e si devono scaricare i rifiuti farmaceutici e dove non ci sono infrastrutture igieniche adeguate. Ma, abbiamo dimostrato che anche nel Regno Unito ci sono livelli sufficienti di antibiotici che possono aumentare la resistenza”.
Le ricerche condotte in tutta Europa evidenziano quindi il legame cruciale tra oceani e salute umana: mari prosperi possono migliorare il nostro benessere fisico e mentale, ma quando gli oceani soffrono, soffriamo anche noi.
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Fonte articolo